La suggestiva cornice di Palazzo Aymerich con lo straordinario Menhir Museum – Museo della statuaria preistorica in Sardegna nel borgo gioiello di Laconi ha ospitato l’ottava e penultima giornata del Festival Internazionale dell’Archeologia. Sembra tagliato su misura il legame fortissimo tra la Fondazione Mont’e Prama e questo angolo di Sardegna dove è possibile ammirare la maggiore esposizione di statue preistoriche risalenti a ben 5.000 anni fa. Un legame solido e sempre più stretto come hanno ricordato nei saluti iniziali il sindaco Salvatore Argiolas e il presidente della Fondazione Anthony Muroni. La prima buona notizia è che per i prossimi 10 anni il museo di Laconi sarà gestito dalla stessa cooperativa e questo significa garantire continuità e certezza nella valorizzazione e crescita di un luogo significativo per la storia dell’isola. La seconda buona notizia della serata è la firma del protocollo di intesa tra la Fondazione di Mont’e Prama e l’Associazione Laboratorio di Scienze Sperimentali – O.D.V di Foligno rappresentata per l’occasione dal Direttore Pierluigi Mingarelli.  Nasce così anche il legame naturale con la Festa della Scienza e Filosofia che proprio nella sua ultima edizione ha posto al centro della sua riflessione il Mediterraneo, culla della scienza e della filosofia e teatro della nascita, crescita e declino di civiltà, un’area ricchissima di storia, scienza, cultura, arte, economia, ma, ancora oggi, luogo di conflitti e guerre.

Come nell’appuntamento umbro, anche il Festival Internazionale dell’Archeologia è un luogo di riflessione sulla storia delle civiltà del mediterraneo e anche della sua contemporaneità con continue riflessioni sui problemi di oggi e del futuro. Proprio Laconi ha ospitato un’intera serata dedicata al Mare Nostrum, uno specchio d’acqua che nel proprio ventre conserva le più significative testimonianze di popoli e civiltà che hanno scritto importanti pagine della storia dell’umanità. E la Sardegna Mediterranea in questa storia millenaria occupa certamente un posto di rilievo.

Nella prima conferenza, coordinata dal direttore scientifico del festival Giorgio Murru, il filosofo Silvano Tagliagambe ha ricordato come almeno dieci secoli prima della nascita della filosofia, che si fa tradizionalmente risalire al VII secolo a. C. con Talete di Mileto, esistevano edifici nel Mediterraneo, come le grandi tombe micenee o i nuraghi della Sardegna risalenti al XVII secolo a. C., la cui costruzione richiedeva la soluzione di problemi molto complicati. Ciò significa che ci doveva essere a quel tempo un pensiero forte che consentiva la loro progettazione e realizzazione. Qual era questo pensiero? Tagliagambe ha ricordato che la risposta è stata fornita dal filosofo e matematico russo, Pavel Florenskij, in un discorso del 1909 nel quale ha retrodatato la nascita della filosofia di dieci secoli, delocalizzandola, ossia sostenendo “che la filosofia nasce nel bacino del Mediterraneo e non solo in Grecia, come frutto degli scambi tra tutti i popoli che si affacciavano su questo mare. Si tratta del pensiero mitologico in cui possiamo trovare la radice di molte delle categorie e dei concetti che, in seguito laicizzati, danno origine a quella che noi oggi chiamiamo filosofia”.

Ferdinando Maurici, Soprintendente del Mare della Regione Siciliana, ha invece parlato della necessità di rafforzare il ponte e il dialogo tra le due più grandi isole del Mediterraneo, perché “Sardegna e Sicilia hanno da sempre legami fortissimi e storie comuni che vanno alimentate in una dimensione sempre più collaborativa” anche in chiave di valorizzazione e tutela dei beni culturali. Maurici ha accompagnato il pubblico in un viaggio attraverso la storia delle civiltà che hanno dominato e anche contaminato la Sicilia nel corso dei millenni. Una Sicilia che dal punto di vista letterario è spesso rivolta al suo interno, apparentemente distratta nei confronti del suo mare. Ma quel mare è lì, quel mare è la sua storia, la sua anima, la sua dimensione più intima perché dalle conquiste di altri popoli è nato anche un tratto identitario della Sicilia che ha un patrimonio di beni culturali e archeologici tra i più vasti d’Italia, anche grazie alla presenza di musei diffusi, a cielo aperto e immersi nelle acque marine.

“Shardana e i popoli del mare: una visione dalla Sardegna” è stato il tema di discussione della seconda conferenza moderata dal giornalista Paolo di Giannantonio. Come hanno ricordato Giovanni Ugas, già Professore di Preistoria e Protostoria – UNICA, e Raimondo Zucca, Professore presso il Dipartimento di Storia, Scienze dell’uomo e della Formazione – UNISS, “nel tempo in cui in Sardegna si svolge la civiltà nuragica, gli Shardana dapprima tra il XV e il secolo XIII A.C. prestano servizio come mercenari nell’esercito egizio e dopo (tra il 1.220 e il 1.180 A.C.) con altre genti marinare combattono e sconfiggono i grandi regni d’Egitto e di Hatti. Nello stesso tempo dalla letteratura classica risulta che i sardi sono protagonisti in Grecia e a Creta dove si insediano. Le ricerche, le fonti e le testimonianze – hanno concluso i due accademici – dimostrano in modo inequivocabile che gli Shardana non solo sono esistiti ma erano sardi”

La serata è stata introdotta dal Coro di Laconi. L’intervallo musicale è stato curato da Ilaria Porceddu e Emanuele Contis. Successo, infine, per il secondo giorno di fila, per il laboratorio esperienziale (“Alla Scoperta Della Dea Madre: viaggio alle origini dell’umanità tra Arte e Sacralità”) con storytelling e manipolazione dell’argilla a cura dell’artista Stefania Spanedda che ha coinvolto partecipanti di tutte le età, a partire dai 9 anni. La serata è stata presentata da Ambra Pintore. 

L’ultima serata del Festival Internazionale dell’Archeologia sarà il 5 luglio, a Cabras, presso il Museo Civico Giovanni Marongiu . L’Estate di Mont’e Prama 2024 però non si ferma: dal 2 al 4 luglio al via la seconda edizione di Sardegna Archeofilm Festival nel nuovo teatro all’aperto di Tharros. Programma completo della rassegna cinematografica sul sito monteprama.it

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