Il Dna dei sardi è la carta geografica per capire come si è evoluto l’uomo. Una sorta di macchina del tempo di riportare la scienza fino al neolitico, una bussola preziosa per l’origine di tante malattie e anche le sue possibilità di cura. Insomma, la Sardegna non è soltanto uno dei luoghi più belli al mondo ma anche il luogo che più di altre, grazie alla genetica, è in grado di fornire ai ricercatori una chiave per comprendere al meglio chi è esattamente l’uomo moderno, i suoi limiti e anche le sue potenzialità.
I sardi di oggi, infatti, sono fra i popoli più “primitivi” d’Europa perché hanno un genoma rimasto pressoché intatto nelle ultime decine di migliaia di anni. Il Dna dei sardi è una specie di orologio molecolare che ha aiutato gli studiosi a datare la comparsa dell’uomo moderno fissando la sua origine duecentomila anni fa, ovvero centomila anni prima di quando si pensava fino a poco tempo fa. Grazie alla mappa molecolare dei sardi, è stato possibile datare l’arrivo sull’isola di popolazioni dall’Africa subsahariana, circa duemila anni fa al tempo della dominazione romana.
Per Francesco Cucca, già direttore dell’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irgb) e docente di Genetica Medica dell’Università di Sassari, “leggere il genoma dei sardi è come sfogliare le pagine di un libro di storia, ma soprattutto come dare un’occhiata all’aspetto e alle caratteristiche degli uomini della preistoria perché l’isola, a parte pochi sporadici “ingressi”, è rimasta isolata e non ha subito invasioni. Il profilo genetico è rimasto immutato dal neolitico fino alle civiltà nuragiche e oltre, è quello delle popolazioni europee primitive”.
Dal punto di vista medico tutto questo ha importanti implicazioni: infatti numerosi progetti di sequenziamento genetico di popolazioni isolate nella Sardegna, isole nell’isola, hanno dato informazioni importanti per capire per esempio le caratteristiche e lo sviluppo di alcune malattie autoimmuni come il diabete di tipo 1 o la sclerosi multipla, entrambe molto più diffuse fra i sardi rispetto al resto della popolazione.
Come ha ricordato lo stesso Cucca in una intervista al Corriere della Sera, “la frequenza di queste malattie in Sardegna è la più alta al mondo. Studiare il Dna dei sardi può aiutare dunque a capire perché e anche a trovare bersagli molecolari nuovi”.