Nella storia si sono succedute molte leggende intorno a uno dei monumenti naturali più spettacolari e inquietanti della Sardegna. Una voragine di 270 metri, la più profonda d’Europa, che si apre come uno squarcio nella terra nell’altopiano del Golgo, nel territorio di Baunei.

Un luogo conosciuto fin dall’antichità intorno al quale aleggiano misteri così paurosi che si preferisce non menzionar parola. Si narra persino che fosse la tana di un serpente (su scultone), la cui minaccia fu allontanata con la costruzione (XVII secolo) della vicina chiesa di san Pietro.

Che sia vero o falso poco importa, la suggestione dei Su Sterru rimane immutata proprio per la sua straordinaria bellezza di voragine che sembra non avere fine.

Il significato corrente del nome “stérru” è “distesa”, dal verbo istérrere (stendere), che non sembra quindi essere correlato. Esso significa però anche scavo, quindi “su disterru” può intendere l’abisso.

Il fondo è stato raggiunto soltanto nel 1957 dagli speleologi del Gruppo Grotte Nuorese che riuscirono a toccare la base completamente ricoperta dalle numerose pietre lanciate dai visitatori. Fino a quella data si pensava che la voragine fosse la bocca di un vulcano e le stesse carte topografiche ne segnalavano l’ingresso con il nome di Cratere vecchio.

In realtà Su Sterru è stato creato da normali fenomeni di erosione e in particolare dal crollo di parte delle pareti basaltiche (le rocce nere di tipo vulcanico che si formarono tra il cenozoico ed il neozoico) che sovrastano la roccia calcarea.

Negli anni a seguire ci sono state diverse spedizioni: le pareti dell’inghiottitoio sono state fotografate metro per metro e un gruppo di biologi ha soggiornato per diversi giorni all’interno della cavità allo scopo di studiare la flora e la microfauna presente. La cavità è l’habitat del mite geotritone sardo, anfibio ambientatosi qui, al quale fanno compagnia il ragno porrohomma e alcuni crostacei terrestri. Su Sterru non è fruibile dal punto di vista turistico e la sua visita è limitata soltanto ad esplorazioni tecniche.

L’imboccatura dell’inghiottitoio è fatta di rocce scure basaltiche, la parte interna di pietre calcaree bianche. Il diametro è di 25 metri che diventano 40 sul fondo. È raggiungibile a piedi attraverso un paesaggio affascinante: colate laviche sul calcare, felci e lecci ammantati di muschio e piccoli stagni (piscinas).

È un museo a cielo aperto: pozzi per celebrare riti ancestrali, domus de Janas, che attestano al Neolitico la presenza umana, tombe di giganti e quasi venti complessi nuragici, posti come sentinelle agli accessi della valle. Una complessa rete di fortificazione costruita dal 1500 a.C. in poi: l’impressione è di passeggiare nella preistoria

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